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Viaggio tra le saghe. Daevabad

Approfondimenti e recensioni sulle saghe fantasy/fantascienza per creare delle guide alla lettura e alla scelta. Ottava puntata: la trilogia di Daevabad di S. A. Chakraborty.

Per iniziare

Finalmente ho letto questa trilogia! Come al solito ho voluto aspettare che uscissero tutti i libri (mannaggia a Martin che mi ha traumatizzata per il resto dei miei giorni!), ma ce l’ho fatta, e meno male direi. Meravigliosa è dir poco, e quindi posto più che meritato nella rubrica!
Ma andiamo con ordine. La trilogia di Daevabad è composta da:

  1. La città di ottone
  2. Il regno di rame
  3. L’impero di oro

L’autrice ha anche scritto The River of Silver: Tales from the Daevabad Trilogy, un libro che raccoglie una serie di racconti ambientati prima, durante e dopo la trilogia principale, non si sa ancora niente per quanto riguarda una futura pubblicazione italiana.

La trama

Editore: Oscar Mondadori – Collana: Fantastica

Pagine: 528

Egitto, XVIII secolo. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori.
Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.

Recensione

L’aspetto che più mi attirava di questa trilogia era l’ambientazione orientale, originale ai tempi dell’uscita del primo libro, perché non molto comune nel fantasy, (nel frattempo sono spuntati altri titoli come Catturiamo la fiamma, primo di una dilogia, e Ragazza, serpente, spina). Aspetto che si rivela fondamentale nella storia: l’autrice unisce la cultura araba alla sua mitologia in un urban fantasy storico e affascinante. Le descrizioni sono superlative: vivide e dettagliate, ma mai troppo prolisse, e anche quelle dei luoghi immaginari sono incredibilmente realistiche, verosimili al punto da fare quasi dubitare della loro inesistenza. Chakraborty non lascia che sia solo l’ambientazione a fare da padrone. Il resto del world building è altrettanto minuziosamente descrittto: un’intricata Storia millenaria, con importanti ripercussioni sul presente del libro, le tradizioni e tipicità delle varie tribù di jinn, la magia e i suoi diversi tipi (curativa, del fuoco, dell’acqua, ecc.). In tre libri l’autrice crea un mondo a metà tra il reale e il fantastico, in cui ci si riesce a immergere totalmente, arrivando a condividerne le contraddizioni, capirne i problemi e le difficoltà. Se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo, nella prima parte di La città di ottone, l’introduzione al nuovo mondo con le sue regole e la sua Storia risulta a tratti un po’ confusa. Andando avanti risulta chiaro che era voluto: il primo resoconto che abbiamo sulla Storia è solo una versione, molto di parte anche; solo andando avanti con Nahri scopriremo quella completa e il più possibile imparziale.
Non contenta di aver creato un’ambientazione e un world building davvero eccezionali, l’autrice presta particolare attenzione anche aз personaggз e alla loro caratterizzazione. Il romanzo è raccontato dal punto di vista di Nahri e Ali, a cui si aggiunge Dara a partire dal secondo libro. Loro tre sono sicuramente i più approfonditi e meglio caratterizzati: ognunǝ di loro segue un proprio arco evolutivo, senza mai sfociare nell’OOC (rischio comune quando si “stravolgono” з personaggз nel corso della storia). L’autrice crea un affresco di personalità ricche di sfaccettature, senza mai scadere nel banale: anche se alcunз ci vanno molto vicino, non c’è un personaggio totalmente “buono” o “cattivo”, sono tuttз estremamente realistici nel loro essere imperfettз e complicatз, ognunǝ con il proprio vissuto che ha contribuito a renderlǝ quellǝ che è. Allo stesso modo, anche з personaggз secondarз come Jamshid e Muntadhir, riescono ad emergere altrettanto vividamente dei principalз.
La trama è complessa al pari del world building: molto politica, con tutti i segreti, intrighi e sotterfugi del caso, ma anche la giusta dose di azione. In questo senso la prima parte di La città di ottone può sembrare che faccia fatica ad ingranare, che la narrazione sia un po’ lenta. Proseguendo diventa evidente che questo aspetto è in realtà atttribuile al suo essere il primo libro della serie e che, giustamente, l’autrice si è presa il tempo per introdurre il più possibile il mondo e з personaggз da lei creatз. Infatti, già nella seconda metà la situazione si fa più avvincente e la storia vera e propria inizia a delinearsi. Se nel primo c’è questo piccolo difetto, il secondo, Il regno di rame, è a mio parere perfetto. Siamo nel vivo della storia e Chakraborty riesce ad evitare il classico errore nei libri di transizione: la narrazione non si ferma mai preparando il finale ma senza risultare futile, al contrario viene data risposta a molte domande, lasciandone comunque altrettante per il terzo romanzo. L’impero di oro è un finale quasi perfettto. Quasi perché sul finire la trama si è complicata molto e alcune rivelazioni, per quanto ben giustificate e coerenti con quanto scritto prima, sembrano un po’ da soap opera, non approfondisco per non fare spoiler, e alcuni dettagli si risolvono in maniera un po’ troppo facile. Stiamo parlando di minuzie, che spiccano solo perché collocate sul finale.

La trilogia di Daevabad è forse una delle migliori saghe che abbia mai letto. Mega punto di forza il world building: iper dettagliato, complesso ma fantastico, con un’ambientazione magistralmente descritta, per metà del tempo sembrava di essere lì con Nahri. Ho molto apprezzato anche з personaggз: ben caratterizatз, con un coerente e approfondito arco evolutivo, in particolare quello di Nahri, Ali e Dara, ma anche з varз personaggз secondarз emergono altrettanto vividamente.

Voto: 9.5/10