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Dreamblood

Recensione della dilogia di N. K. Jemisin, edita da Fanucci.

La luna che uccide

La vera pace richiedeva la presenza della giustizia, non l’assenza di un conflitto.

La Jemisin si conferma una delle mie autrici favorite, anche se questo non lo definirei il suo libro migliore: l’ho trovato meno scorrevole e coinvolgente di La Quinta Stagione. Detto questo, La luna che uccide resta comunque un più che buon libro ma, al solito, andiamo con ordine.
La storia è piuttosto semplice ma ben gestita e sviluppata. La particolarità e originalità sta tutta nel worldbuilding, l’elemento migliore di questo romanzo. L’idea della magia che deriva dai sogni che, detta così, sembra banale, è invece molto più complessa e sfaccettata: all’inizio non è facile da seguire, ma c’è un glossario alla fine del libro che facilita molto la comprensione (io sono svampita e non me ne ero accorta, colpa del formato eBook!). Resta sempre molto sorprendente (in positivo) la descrizione e l’approfondimento del mondo in cui è ambientata la storia: ispirato all’Antico Egitto, ci viene mostrato tutto, dalle usanze religiose a quelle politiche, con anche stralci di organizzazione sociale e di Storia. Nonostante la mole di informazioni, l’autrice ha trovato il giusto equilibrio tra narrazione e spiegazioni/descrizioni: il ritmo è in generale un po’ lento, ma mai troppo e si adatta molto bene alla storia; l’infodump non è eccessivo, anzi sono più le volte che scopriamo con il procedere della trama le varie informazioni che con spiegazioni cadute dal cielo. Il worldbuilding così dettagliato è strettamente legato alla gestione delle tematiche: affrontate sempre con logica e coerenza, non restano sullo sfondo ma, al contrario, sono proprio il motore della storia, non sono buttate lì tanto per o solo per spuntare delle voci da una lista. In questo intreccio molto ben riuscito, la trama ne esce rafforzata: l’incontro/scontro di popoli diversi, di per sé banale, che si trova alla base della storia, è reso particolare dalle opposte visioni del mondo, strettamente legate alle usanze e alla storia dei singoli Paesi.
Anche i personaggi sono molto ben fatti: oltre all’ottima caratterizzazione ed evoluzione, l’autrice è riuscita a dare ad ognuno una voce distintiva, anche a quei pochi secondari di cui seguiamo ogni tanto il punto di vista. L’unico difetto è che risultano tutti un po’ freddi e distaccati: non sono riuscita ad affezionarmi a nessuno, ero in generale poco coinvolta nelle loro disgrazie e gioie; anche nei rapporti tra di loro, persino i più profondi, arriva poco il trasporto o l’amore che provano, anche se questo aspetto è parzialmente spiegato dalle usanze dei Gujaareni.
Resta sempre ottima la scrittura della Jemisin: evocativa al punto giusto, scorrevole ma non troppo semplice.

N. K. Jemisin si conferma una delle mie autrici favorite! La luna che uccide ha una trama semplice, ma esaltata dal worldbuilding dettagliato e originale e dalle tematiche gestite alla perfezione. Peccato per i personaggi, che nonostante siano ben caratterizzati risultano freddi e distaccati, sia per lǝ lettorǝ che tra di loro. Sempre ottima, invece, la scrittura, evocativa e scorrevole.

Voto: 8.5/10

La luna che uccide

di N. K. Jemisin

Editore: Fanucci – Collana: Collezione immaginario fantasy

Pagine: 412

tetti e tra le ombre delle sue strade acciottolate vegliano i Raccoglitori, sacerdoti della Dea dei sogni. Hanno il compito di raccogliere la magia dalla mente dei sognatori perché venga usata per guarire le sofferenze del corpo e dell’anima. E possono uccidere chiunque giudichino corrotto. Ma una cospirazione è stata ordita proprio nel grande tempio di Gujaareh, ed Ehiru – il più famoso Raccoglitore della città – dovrà mettere in discussione tutte le sue certezze se vuole custodire la pace che gli è stata affidata. Qualcuno, o qualcosa, uccide i dormienti in nome della Dea, e bracca le sue prede sia nei vicoli di Gujaareh che nel regno dei sogni. Ehiru ora deve proteggere la donna che era stato mandato a uccidere o vedrà la sua città divorata dalla guerra.

Il sole oscurato

Questo significava adorare Hananja, poiché anche il più piccolo atto di pace era una benedizione sul mondo.

Ho deciso di recensire separatamente i due libri principalmente perché le storie sono sì collegate tra loro, ma anche molto indipendenti, soprattutto per quanto riguarda il primo libro. Inoltre i protagonisti sono diversi (e forse più azzeccati, ma ci arriverò dopo), e anche l’atmosfera e il tono, ho quindi pensato meritassero due recensioni separate. Non so dire quale dei due sia il migliore perché credo sia molto soggettivo in questo caso. Il sole oscurato, infatti, ha personaggi migliori a mio parere, ma è anche più classico come storia e sviluppo, insomma dipende tutto da quello che si sta cercando in un libro. Ma, al solito, cerchiamo di andare con ordine.
La trama è più intricata rispetto al primo, perché segue tre filoni diversi ma connessi tra loro, però come accennavo sopra è meno ‘originale’: principe esiliato che cerca di riconquistare il proprio regno, opposti che si attraggono, un male non ben definito da sconfiggere. Certo, il tutto si muove in un contesto particolare e ben costruito, curato fin nei minimi dettagli, ma resta una storia piuttosto classica con uno sviluppo prevedibile, anche se coerente e ben scritto.
Se il worldbuilding non riesce a esaltare la trama bene come nel primo, si lega maggiormente a personaggi e tematiche dando così quel tocco in più, quell’elemento intrigante che mantiene alta l’attenzione, nonostante una storia un po’ sottotono. Infatti, l’evoluzione dei protagonisti va di pari passo con le loro origini, cultura di appartenenza ed educazione ricevuta: Wana, principe Gujaareno cresciuto tra i barbari Banbarra per metà della sua vita è in continua lotta con queste due sue identità per provare a comprendere chi è davvero; Hanani, prima sacerdotessa del culto di Hananja costretta da sempre a reprimere e nascondere il suo essere donna per essere accettata e rispettata. Entrambi, oltre all’ottima caratterizzazione, hanno anche un arco evolutivo coerente e logico, ma soprattutto estramamente interessante: non solo le varie riflessioni e i cambiamenti sono provocati dallo ‘scontro’ con culture opposte alle loro ma introducono anche delle tematiche nuove rispetto al primo libro. In particolare, attraverso Hanani l’autrice pone la questione di cosa vuol dire essere donna e la integra nella storia fluidamente, senza forzature o banalità retoriche, mostrando i diversi ruoli che le donne hanno nelle varie culture che popolano il mondo da lei inventato.
Ma il miglioramento dei personaggi sta anche nella correzione del ‘difetto’ che avevano in La luna che uccide: non risultano più così distaccati dǝl lettorǝ, anzi è più facile empatizzare e identificarsi con loro; anche nei rapporti si è persa quell’eccessiva freddezza, o meglio rimane un minimo ma giustificabile in pieno dalle usanze dei Gujaareni. La storia d’amore, come la trama, è scontata ma comunque ben sviluppata: anche sapendo dove andava a parare, riusciva comunque a coinvolgere e, soprattutto per i miei gusti, si prendeva il suo spazio ma non troppo.

Secondo e ultimo libro della dilogia, è sia molto simile che molto diverso dal primo. La trama è più intricata, ma anche piuttosto scontata. Non riesce a rialzarsi neanche con il worldbuilding, che invece migliora e rende più interessante l’evoluzione dei personaggi, permettendo anche un’integrazione delle tematiche fluida. I primi risultano anche molto meno freddi e distaccati, grazie anche alla storia d’amore: prevedibile quanto la trama, ma molto ben sviluppata e comunque coinvolgente.

Voto: 8.5/10

Il sole oscurato

di N. K. Jemisin

Editore: Fanucci – Collana: Fantasy

Pagine: 405

Gujaareh, la città dei Sogni, è afflitta dal dominio imperiale del Protettorato
Kisuati. Una città in cui l’unica legge era la pace ora conosce solo violenza e oppressione… e incubi. Una mortale e misteriosa pestilenza per-seguita i cittadini di Gujaareh, condannando gli infetti a morire durante il sonno tra urla strazianti. Assediata da sogni oscuri e crudeli signori, la città e tutta la sua gente languiscono nell’ardente desiderio di sollevarsi, ma Gujaareh conosce la pace da troppo tempo. Qualcuno dovrà mostrare loro la strada. La speranza sarà riposta in due reietti: la prima donna che abbia mai potuto unirsi al sacerdozio della dea dei Sogni, e un principe in esilio che desidera solo rivendicare il proprio diritto di nascita. Insieme dovranno resistere all’occupazione di Kisuati e tentare di svelare il mistero sull’origine dei Sogni della morte… prima che sia troppo tardi e che Gujaareh si perda per sempre.

Della stessa autrice

La terza puntata di Viaggio tra le saghe è dedicata a questa trilogia!

La Quinta Stagione

Editore: Oscar Mondadori – Collana: Fantastica

Pagine: 490

È iniziata la stagione della fine. Con un’enorme frattura che percorre l’Immoto, l’unico continente del pianeta, da parte a parte, una faglia che sputa tanta cenere da oscurare il cielo per anni. O secoli. Comincia con la morte, con un figlio assassinato e una figlia scomparsa. Comincia con il tradimento e con ferite a lungo sopite che tornano a pulsare.
L’Immoto è da sempre abituato alle catastrofi, alle terribili Quinte Stagioni che ne sconquassano periodicamente le viscere provocando sismi e sconvolgimenti climatici. Quelle Stagioni che gli orogeni sono in grado di prevedere, controllare, provocare. Per questo sono temuti e odiati più della lunga e fredda notte; per questo vengono perseguitati, nascosti, uccisi; o, se sono fortunati, sono presi fin da piccoli e messi sotto la tutela di un Custode, nel Fulcro, e costretti a usare il loro potere per il bene del mondo. È in questa terra spezzata che si trovano a vivere Damaya, Essun e Syenite, tre orogene legate da un unico destino.