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If we were villains

Recensione del libro di M. L. Rio, pubblicato da Sperling & Kupfer.

Troppe volte mi ero chiesto se fosse l’arte a imitare la vita o il contrario.

Un gruppo di studenti del college si ritrova coinvolto nell’omicidio di uno di loro. Si proteggono a vicenda, mentono alla polizia, nascondono segreti, gelosie e invidie, amori e passioni. Insomma, niente di nuovo. Se non fosse che l’autrice sceglie un college molto particolare in cui ambientare la storia, ovvero alla Dellecher, scuola di arte drammatica prestigiosa, per le élite, competitiva e in completa venerazione di William Shakespeare. Gli studenti, e quindi i nostri protagonisti, recitano, vivono, respirano le opere del Bardo e solo i migliori arrivano al quarto anno, quello dedicato alle tragedie. Lo spunto iniziale, che non è molto originale (basti pensare a Dio di illusioni di Donna Tartt), viene però arricchito dall’ambientazione e dalla costante e ossessiva presenza di Shakespeare e delle sue opere.
Questo romanzo è a tutti gli effetti una tragedia, divisa in cinque atti e con uno svolgimento che richiama quelle del Bardo, in particolare Giulio Cesare e Macbeth, ma anche i dialoghi stessi a volte sembrano scritti come un copione, botta e risposta tra i sette personaggi. Ma i riferimenti non si limitano a questo, il gruppo ha un suo linguaggio fatto di citazioni parafrasate delle opere di Shakespeare, che sottolinea ai nostri occhi e aumenta per loro l’ossessione che hanno nei confronti del famoso autore. Questa totale immersione nelle opere del Bardo, ma soprattutto nei suoi personaggi, influenza profondamente i legami interni al gruppo: i sette arrivano a immedesimarsi nei ruoli assegnati, interpretandoli anche fuori dal teatro, portando la tragedia nelle loro vite: portano in scena, sul palco e non, una storia ricca di tradimenti, rancori, vendette, omicidi ed emozioni portate all’eccesso. Forse è per questo che i personaggi risultano stereotipati e piuttosto statici, eccetto per Oliver, dal cui punto di vista seguiamo la storia, che ha una sua evoluzione molto tragica, a tratti incoerente, ma pur sempre un cambiamento di qualche tipo che non lo lascia relegato a un ruolo specifico come gli altri. Nonostante questo, l’autrice riesce comunque a renderli verosimili, con cui è facile immedesimarsi.
Ma, su tutto, è lo stile dell’autrice che conquista fin dalle prima pagine. La storia è piuttosto lineare, sappiamo come finirà, ma solo parzialmente: è proprio la scelta, e la sua esecuzione, di tralasciare molti dettagli che incuriosisce e spinge a continuare la lettura. Altro punto a favore dello stile, l’ambientazione e l’estetica della dark academia, perfettamente rappresentate e descritte: la lettura è immersiva, oltre che coinvolgente, ci si ritrova spaesati quando ci si stacca dalle pagine, come se ci aspettassimo di trovarci alla Dellecher a studiare teatro.

Anche se lo spunto iniziale della trama non è dei più originali, l’autrice arricchisce il romanzo con la costante e ossessiva presenza di William Shakespeare: la storia è strutturata come le classiche tragedie del Bardo; i dialoghi sembrano uscire da un copione, ne replicano la forma e lo stile; ma soprattutto i personaggi sono attori che finiscono per interpretare i ruoli non sul palcoscenico, ma anche nella loro vita, trasformandola a sua volta in tragedia. In questo senso, i sette studenti risultano stereotipati e statici, eccetto Oliver che ha un’evoluzione, non sempre ben fatta, ma almeno ne ha una, a differenza degli altri. Lo stile dell’autrice è il vero punto di forza del libro: scorrevole e immersivo, difficile staccarsi dalle pagine, ricrea praticamente alla perfezione l’estetica dark academia.

Voto: 8.5/10

If we were villains

di M. L. Rio

Editore: Sperling & Kupfer – Collana: Frassinelli narrativa straniera

Pagine: 336

Oliver Marks ha scontato dieci anni di carcere per l’omicidio di un compagno di college. Ai tempi della condanna, non tutti erano convinti della sua colpevolezza, in primis il detective Colborne, che ora lo attende fuori dal carcere per sapere finalmente la verità. La storia che Oliver si accinge a raccontargli si svolge alla Dellecher, una delle più prestigiose scuole di arte drammatica degli Stati Uniti, dove Shakespeare è venerato come un dio e non c’è limite alla competizione. Giovani, belli, ambiziosi, Oliver e i suoi sei amici sono inseparabili e dividono il tempo fra prove, performance e feste all’insegna dell’eccesso. Ma, una volta giunti al quarto e ultimo anno, qualcosa nel gruppo si incrina. I ruoli dei drammi che mettono in scena prendono sempre più spazio nella loro vita reale, ed emergono gelosie sopite, invidie, rancori. È Richard, più di tutti, a perdere il controllo, finché, un freddo mattino di novembre, viene trovato morto. A quel punto, per ognuno dei sei giovani attori rimasti inizia la prova di recitazione più ardua: convincere la polizia, gli altri e se stessi della propria innocenza.