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La guerra dei papaveri

Recensione della trilogia di R. F. Kuang, La guerra dei papaveri, La repubblica del drago, La dea in fiamme, pubblicata da Oscar Mondadori.

La guerra dei papaveri
Primo libro della trilogia, introduce al mondo creato dall’autrice. L’impero del Nikan richiama, in maniera abbastanza evidente, quello Cinese sia per la cultura che lo caratterizza sia per alcuni elementi geopolitici. Rebecca F. Kuang è cino-americana e ha anche studiato la storia e la cultura cinese: questo traspare nel world building che, infatti, è molto curato e dettagliato, con solo qualche pezzo confusionario per quanto riguarda la Storia dell’impero e il suo collegamento con il presente del libro. Inoltre, l’elemento fantasy della saga è strettamente legato alla cultura orientale descritta dall’autrice e molto originale per il genere: non si parla di banale magia, ma di sciamanesimo, ovvero umani che acquisiscono poteri sovrannaturali facendo da tramite agli déi. Niente sventolii di bacchetta o stupidi incantesimi (semicit.), ma piuttosto un interessante viaggio nella filosofia orientale, alla scoperta dell’universo. Grazie all’ambientazione scelta, l’autrice affronta varie tematiche che (ho poi scoperto informandomi un po’) caratterizzano la storia della Cina: guerre, civili e non, invasioni, il traffico dell’oppio, il razzismo. I temi vengono sviscerati, niente è descritto superficialmente, e, inoltre, l’autrice li affronta da più prospettive diverse, prendendo in considerazione i vari punti di vista coinvolti, questo nonostante la storia sia raccontata dal punto di vista di Rin.
In questo primo libro, ho fatto fatica ad empatizzare con i personaggi: non sono piatti, al contrario, però lo stile di scrittura, molto distaccato e in un certo qual modo freddo, e la continua introduzione di nuovi personaggi secondari, hanno impedito il mio coinvolgimento, ero abbastanza indifferente alle loro sorti.

La guerra dei papaveri è riuscito ad invogliarmi a leggere anche gli altri, nonostante i personaggi poco coinvolgenti, grazie alla trama interessante e per certi aspetti originale e al world building dettagliato, anche se leggermente confusionario per quanto riguarda la collocazione nel tempo degli eventi passati.
Voto: 7.5/10

La repubblica del drago
Questo secondo libro l’ho apprezzato molto di più. Finalmente, piano piano, sono riuscita ad interessarmi maggiormente al destino dei personaggi. Anche la storia, che già nel primo era intrigante e ben fatta, qui migliora ulteriormente: la situazione si complica, ma la soluzione non arriva forzatamente né troppo facilmente; i colpi di scena, che forse nel primo erano di meno impatto, in questo libro riescono a lasciarti di stucco e a spingerti a leggere ancora. Rimane, invece, un po’ della confusione per quanto riguarda gli eventi passati, in particolare quelli non strettamente legati alla trama.
In La repubblica del drago l’autrice approfondisce ulteriormente i temi già affrontati ne La guerra dei papaveri, in particolare la dipendenza dall’oppio e gli orrori della guerra: se nel primo libro condannava senza remore entrambe le questioni, in questo secondo romanzo non arriva a giustificarle, ma prova a spiegare il perché e il per come, abbandonando tramite il personaggio di Rin, i banali moralismi, che tendono a sminuire i problemi. Questo aspetto, però, la porta a descrivere comportamenti contraddittori dei personaggi rispetto a come li abbiamo conosciuti precedentemente, in particolare per quanto riguarda proprio Rin.

La repubblica del drago è decisamente migliore del primo libro: personaggi più interessanti e coinvolgenti, anche se ogni tanto agiscono in contraddizione a come li abbiamo precedentemente conosciuti; la trama si sviluppa in maniera complicata, ma chiara, senza forzature; il world building viene ulteriormente approfondito, anche se rimangono ancora alcuni aspetti, non influenti alla trama, leggermente confusionari nella Storia dell’impero.
Voto: 8/10

La dea in fiamme
Dall’ultimo capitolo della trilogia mi aspettavo fuoco e fiamme (letteralmente e non) e invece mi ha lasciata un po’ meh. L’autrice inizia a ripetersi: la guerra continua a essere il centro dell’attenzione, strategie, marce, stermini, stupri, tutti gli orrori a cui abbiamo già assistito nei primi due libri, tutto si ripete anche nel terzo, non viene aggiunto niente, nessun nuovo punto di vista o dilemma morale, la stessa solfa trita e ritrita; lo stesso vale per i colpi di scena, cambiano i personaggi coinvolti ma la storia è la stessa; Rin sembra girare in cerchio, più volte sembra maturata e poco dopo è già tornata come prima.
Il finale è adatto alla storia, però è un po’ troppo tirato per le lunghe e anche un po’ scontato. Le cose lasciate in sospeso negli altri due qui vengono spiegate con logica, niente è lasciato al caso.

La dea in fiamme è quello che mi è piaciuto meno dei tre. Forse avevo aspettative troppo alte, rimane comunque che mi è sembrato ripetitivo nelle tematiche, non aggiunge niente a quello che era già stato detto a riguardo nei primi due, nelle dinamiche tra i personaggi, in particolare tra Rin, Nezha e Kitay, e nei colpi di scena. Resta comunque un finale adeguato alla storia, forse un po’ scontato, ma comunque coerente.
Voto: 7/10

La trilogia di La guerra dei papaveri ha alcuni aspetti positivi: il world building curato nei dettagli, ispirato alla cultura orientale che caratterizza in maniera originale anche l’unico elemento fantasy della saga, lo sciamanesimo; i temi vengono affrontati in maniera realistica e approfondita, nonostante l’unico punto di vista narrante sia quello di Rin, l’autrice riesce a esporre diverse prospettive, in particolare sul tema del razzismo e della xenofobia; lo stile scorrevole dell’autrice facilita la lettura, altrimenti appesantita dalle numerose descrizioni crude, violente, ma comunque realistiche della guerra e di tutto ciò che ne consegue. La scorrevolezza mi è mancata un po’ nel terzo libro, dove la situazione si è fatta un po’ ripetitiva, da più punti di vista.
Non sono riuscita ad apprezzare appieno i personaggi: inizialmente, ho faticato ad empatizzare con loro, ad interessarmi al loro destino, questo perché avevano una caratterizzazione a tratti confusionaria e contraddittoria. Nonostante la situazione sia molto migliorata a partire dal secondo libro, sono comunque arrivata alla fine che non sopportavo più Rin e i suoi repentini cambi d’idea e di sentimenti.

La trillogia d’esordio della Kuang mi è tutto sommato piaciuta, in particolare per il world building e per il realismo che la pervade, nonostante la presenza di déi e poteri soprannaturali. Non mi ha convinta del tutto la caratterizzazione dei personaggi, a tratti confusionaria e contraddittoria, ma ho apprezzato la trama e parzialmente anche il suo sviluppo, anche se forse il finale è stato un po’ scontato, per quanto coerente con la storia.

Voto: 7.5/10

La guerra dei papaveri

di R. F. Kuang

Editore: Oscar Mondadori – Collana: Fantastica

Pagine: 516

Rin ha passato a pieni voti il kējǔ, il difficile esame con cui in tutto l’Impero vengono selezionati i giovani più talentuosi che andranno a studiare all’Accademia. Ed è stata una sorpresa per tutti: per i censori, increduli che un’orfana di guerra della provincia di  potesse superarlo senza imbrogliare; per i genitori affidatari di Rin, che pensavano di poterla finalmente dare in sposa e finanziare così la loro impresa criminale; e per la stessa Rin, finalmente libera da una vita di schiavitù e disperazione. Il fatto che sia entrata alla Sinegard – la scuola militare più esclusiva del Nikan – è stato ancora più sorprendente.
Ma le sorprese non sono sempre buone.
Perché essere una contadina del Sud dalla pelle scura non è una cosa facile alla Sinegard. Presa subito di mira dai compagni, tutti provenienti dalle famiglie più in vista del Paese, Rin scopre di avere un dono letale: l’antica e semileggendaria arte sciamanica.
Man mano che indaga le proprie facoltà, grazie a un insegnante apparentemente folle e all’uso dei papaveri da oppio, Rin si rende conto che le divinità credute defunte da tempo sono invece più vive che mai, e che imparare a dominare il suo potere può significare molto più che non sopravvivere a scuola: è forse l’unico modo per salvare la sua gente, minacciata dalla Federazione di Mugen, che la sta spingendo verso il baratro di una Terza guerra dei papaveri.
Il prezzo da pagare, però, potrebbe essere davvero troppo alto.