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La Fortuna

Recensione del libro di Valeria Parrella, pubblicato da Feltrinelli.

Un limite è un limite solo se uno lo sente come un limite, sennò non è niente

Per la serie occasioni sprecate. Questo libro poteva essere molto di più di quello che è. E che cos’è? Prima di tutto, vuole essere un romanzo di formazione e un po’ ci riesce anche. Peccato, però, per la sua brevità che, per forza di cose, limita le possibilità di approfondimento: per quanto sia brava a scrivere l’autrice, poco più di 100 pagine sono davvero troppo poche per un romanzo di formazione, non c’è lo spazio per descrivere a dovere lo sviluppo e la crescita del protagonista che, infatti, risultano frettolosi e a tratti superficiali.
Questa brevità danneggia un po’ tutti i vari aspetti della storia. I personaggi secondari diventano quasi delle macchiette, anche quelli più importanti nella vita di Lucio. La Fortuna vuole anche essere un romanzo storico ed infatti la narrazione è ricca di dettagli e descrizioni della vita a Pompei nel 79 d.C. ma, di nuovo, non c’è spazio per approfondimenti e spiegazioni. Quest’ultimo è uno degli aspetti che ho apprezzato meno perché se non si conoscono tutti i riferimenti alla storia, cultura e politica romana presenti nel libro, la lettura risulta appesantita e la storia più difficile da seguire.

La Fortuna è un libro volutamente ammiccante al filone dei retelling mitologici, ma che risulta troppo abbozzato e frettoloso. Niente da togliere alla scrittura della Parrella (l’unica ragione per cui ho dato la sufficienza), ma purtroppo questo libro mi ha lasciata indifferente.

Voto: 6/10

La Fortuna

di Valeria Parrella

Editore: Feltrinelli – Collana: I Narratori

Pagine: 144

Il prodigio viene dalla terra, e scuote aria e acqua. Dal cielo piovono pietre incandescenti e cenere, il mare è denso e la costa sembra viva, ogni mappa disegnata è stravolta, i punti di riferimento smarriti. Lucio ha solo diciassette anni e ha seguito l’ammiraglia di Plinio il Vecchio nel giorno dell’eruzione del Vesuvio, ma non può sospettare che il monte che conosce da sempre sia un vulcano. Per quel prodigio mancano le parole, non esiste memoria né storia a rassicurare. Nascosta dalla coltre rovente c’è Pompei, la città che ha visto nascere Lucio e i suoi sogni, dove ancora vivono sua madre, la balia, gli amici d’infanzia, dove ha imparato tutto ciò che gli serve, adesso, per far parte della flotta imperiale a dispetto del suo occhio cieco – anzi, proprio grazie a quello, che gli permette di vedere più degli altri, perché “un limite è un limite solo se uno lo sente come un limite, sennò non è niente”. E mentre Lucio tiene in mano, per quanto la Fortuna può concedere, il filo del suo destino, ecco che Pompei torna a lui presente e più che mai viva, nel momento in cui sembra persa per sempre, attraverso i giochi con le tessere dei mosaici, i pomeriggi trascorsi nei giardini o nelle palestre, le terme, il mercato, i tuffi in mare e le gite in campagna, le scorribande alla foce del fiume. La sua intera giovinezza gli corre incontro irrimediabilmente perduta, eppure – noi lo sappiamo – in qualche modo destinata a sopravvivere. Insieme a Lucio, una folla di personaggi, mercanti, banchieri, matrone, imperatori, schiavi, prostitute e divinità, si muove tra le pagine di un romanzo sorprendentemente attuale, in cui niente è già visto: piuttosto ciò che conoscevamo del mondo classico ci appare in un aspetto nuovo, moderno e intimo.
Perché il desiderio è nascosto, si innalza dalla terra, è il cuore stesso della terra, e noi siamo terreni.